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Ricordo di Peter Sellers e altri grandi

martedì, 20 luglio 2010

Ricorrenze e saluti
Un anno, questo, ricco di ricorrenze e, purtroppo, anche di ultimi saluti illustri. Sono scomparsi quest’anno autentici signori della scena pubblica. Dopo Van Wood, Maurizio Mosca, Nicola Arigliano e Raimondo Vianello ci hanno lasciato da poco il mitico Lelio Luttazzi e, due giorni fa, il grande Erasmo (detto Mino) Damato. Di Luttazzi tutti quelli della mia generazione ricordano l’urlo che emetteva quando presentava “Hit Parade” che per dieci anni imperversò dalla Radio, in contemporanea con un altro grande fenomeno radiofonico: “Alto Gradimento”, con la sua vetrina di personaggi allucinati e però, sullo sfondo, le ultime novità discografiche (Boncompagni negli anni 60 era stato uno dei primi DJ italiani). Due trasmissioni che fecero epoca, che cambiarono per sempre il mondo della Radio Italiana. Luttazzi, naturalmente, era anche molto altro. Nel 1943, a soli vent’anni, riuscì a incidere un disco che fu un successo enorme, al punto di fruttargli ben 350000 lire di diritti, cifra colossale per quell’epoca. E poi direzioni di orchestra, conduzioni televisive, e persino cinema. Nel 1959 interpretò un film di Antonioni, su imbeccata dell’allora fidanzata di Antonioni, la leggendaria Monica Vitti. Su Mino Damato si può dire che è stato uno dei primi giornalisti “sulla breccia”: inviato in Vietnam e in Cambogia, e poi con conduzioni televisive che, anche queste, hanno fatto epoca. Cultura e spettacolo: un binomio vincente che introdusse anche a Domenica In. Memorabile la camminata sui carboni ardenti nel 1985 fuori dalla sede RAI di via Teulada. Ma anche tanto impegno civile e sociale, pro bambini malati di Aids. Si lanciò anche in politica, dapprima con AN, poi nel gruppo misto, e infine con Rutelli, senza mai essere eletto allo scranno più alto. Erano gli anni in cui, appunto, i giornalisti si mettevano in politica: Piero Badaloni, Piero Marrazzo, eccetera. Se si fosse messo con la sinistra, forse, avrebbe avuto qualche chance in più, ma in fin dei conti a lui andava bene lo stesso fare il consigliere. Personaggio comunque difficile da governare per tutti, sempre avanti coi tempi. La RAI, in quegli anni, era molto ricca di personaggi così. Ebbi la fortuna di intervistare prima, e di diventare amico poi, di un personaggio mitico del giornalismo anni 70-80. Era un romano e si chiamava Enzo Aprea. Era disabile e ridotto su una sedia a rotelle con le braccia e le gambe amputate, causa una malattia degenerativa che lo portò alla tomba. Aveva anche lui condotto programmi di approfondimento in RAI, e negli ultimi anni scriveva libri di poesie di taglio sociale. Ricordo bene quello che mi disse nell’intervista che gli feci nel 1990. “Essere veri giornalisti significa sopratutto parlare dei DIRITTI NEGATI. Significa, quindi, anche dare fastidio al potere, e a certi potenti”. Qualche giorno più tardi, in una via del centro, mi sentii chiamare per nome da una allegra voce in romanesco: era lui, Enzo, sorridente, accompagnato dal suo infermiere. Quando qualcuno entrava nel cuore di Enzo, insomma, non ne usciva più.Trent’anni fa giusti, un infarto maligno ci portava via uno dei più grandi attori inglesi di sempre: Peter Sellers, a soli 54 anni. Il Fregoli d’Oltremanica, il trasformista per eccellenza. La galleria dei suoi personaggi è mitica: il Dottor Stranamore, l’Ispettore Clouseau della Suretè, l’indiano svampito di “Holliwood Party”, ma sopratutto l’incredibile Chance Giardiniere di “Oltre il giardino”, film girato pochi mesi di morire e che vinse il festival di Cannes. Poetico, delicato, ricco di parabole, con la musica del brasiliano Eumir Deodato, che spesso viene in Emilia Romagna (da New York) a regalarci serate da favola, con il suo pianoforte. La parabola perfetta del potere: un comune giardiniere di un senatore degli Stati Uniti  ormai in fin di vita, che guarda sempre la TV e parla di piante e fiori, ma le cui frasi vengono interpretate come parabole sulla politica e sull’economia. Tramite la moglie dell’anziano viene introdotto alla Casa Bianca, e le sue frasi sui fiori e le stagioni gli fanno guadagnare un’incredibile stima bipartisan. Al punto che, alla morte del senatore, tutti sono concordi nel volerlo candidare alla Presidenza degli Stati Uniti. Ma lui, incurante, durante il funerale, si mette a camminare sull’acqua di uno stagno, misurandone la profondità col suo ombrello da gentiluomo inglese. Una scena incredibile, con la vedova del senatore (una dolcissima Shirley MacLaine, sì, proprio quella di Irma La Dolce), che lo guarda estasiata. Un film ora assolutamente bandito dalla Tv e introvabile nei negozi. Ne possiedo una copia per miracolo, dato che il proprietario del negozio che me la diede un anno più tardi morì, e l’enorme patrimonio di film (c’era roba a partire dagli anni 20!), ora tutti introvabili, andò disperso. L’Inghilterra in quegli anni ci diede una fantastica serie di attori: Peters Sellers, Shirley MacLaine, David Niven, e molti altri. Poi vennero i Monthy Python, ma questa è un’altra storia. Anche se io amo alla follia pure loro.
phederpher