Che storia hanno le mogli dei grandi scrittori? Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna? E dietro una grande donna c’è sempre un grande uomo? (non nel senso di quando lo fa alla pecorina, s’intende…)
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Si vorrebbe dare inizio con questo post di erostratos alla rubrica Mogli dei grandi scrittori o anche Mariti delle grandi scrittrici (o fidanzati o morosi – la parola compagno mi fa venire l’orticaria): anime morte alla gloria ma resuscitate nei limb(r)i delle biografie: larve ipostatiche che assurgono allo status di farfalle virtuali soltanto se accompagnano, obtortobbediènti, il volo di Madame Butterfly (Madame Butterfly c’est moi! dice lo scrittore)…
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Anime che si sono sacrificate, che hanno oppresso la loro metà con l’ab-negazione, con il ricatto psicologico di un’esistenza vissuta all’ombra del Grande: ricatto sottaciuto o urlato ma sempre ricatto. No, non è facile essere l’altra metà del cielo di un genio. Terribili possono essere le conseguenze…
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La moglie di Tolstòj
di erostratos
Tutte le mogli felici si assomigliano fra loro, ogni moglie infelice finisce per assomigliare al marito.
Per alcuni anni ancora, dopo la sua morte, i bifolchi di Jàsnaja Poljana videro il conte Lev Nikolàevič Tolstòj, il grande scrittore – sguardo vacuo e una soffice matassina di capelli posata in cima al cranio –, attraversare il cortile trottando nella guazza con le sottane tirate.
Non era lui.
Quella sinistra palingenesi rispondeva sibbene al nome di Sof’ja Andrèevna Tolstàja, nata Bers, secondogenita del medico di corte Bers: sua moglie.
Lui la conobbe che era un bijou.
Leggiadra.
Venusta.
Che figa!, si disse il conte (se lo disse in russo, con un’unica emissione di suono, una specie di muggito alcolico che s’impastava nel finale). Me la sposo! (altro muggito)
La piccola aveva tuttavia, come si suol dire, un temperamento tragico.
Col tempo peggiorò. Isterica, lagnosa (oh, quanto!) non che incline al battibecco, affetta da una gelosia tenace e disperante, grufolava fra le carte del marito, lo guatava nel sonno, lo concupiva.
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Giunse financo a sospettare che pendesse dall’altra parte, e che, ogni qual volta il di lui discepolo Čertkòv passava a trovarlo a Jàsnaja Poljana, i due si appartassero per ingropparsi. Avrebbe voluto possederlo solo lei, interamente e senza remissione, tutto per sé, sgnapparselo tutto, scofanarselo dalla testa ai piedi, ciucciargli l’anima insieme con l’uccello. Talora vagheggiava di accopparlo per poi rifarlo esattamente uguale(parole sue).
Gli scodellò tredici marmocchi.
Lo interiorizzò morbosamente.
Poi, non paga, cominciò pure a esteriorizzarlo.
Il volto le si rincagnò tutto. Mise fuori una lana intricata, fioccosa, e un nappone con cui si avanzava sopra la spalla del marito intento alla scrittura e ne annusava ingordamente i pensieri.
Lui – e si capisce – prese a fuggirla. Ricusò perfino di dormire con lei nello stesso letto.
Solo a toccarla, gli pareva di indulgere a una sorta di onanismo indecoroso e puerile.
Che cazzo, sua moglie era un marito! E poi quel cipiglio, quella barbaccia da pope, quelle fattezze senza grazia… Sì, insomma… gli ripugnavano (non osava approfondire).
Per un attimo, colto dalla disperazione, fu addirittura tentato di venirle incontro: di effeminarsi lui. Ma come? Poteva mica fiondarsi a Casablanca… I serpenti! Sì, sì, i serpenti, come coso, lì… l’indovino. Ma che mese era? Quando cazzo si accoppiano i serpenti?? Ma porc… Serate innumere a lessarsi le ciuffole con Hegel, invece di studiare zoologia!
Ma poi no, non avrebbe funzionato comunque: di sicuro l’avrebbe tradita.
Cornificata.
Senza scampo.
Ma certo! Già si vedeva darla a qualche musicista, di quelli con le mani diafane, sottili… Mica ‘sti badili terrosi da mugìco. Quel Taneev, per esempio. O a un ufficiale… Un elegantone coi bottoni dorati e la passamaneria. Sì, meglio un ufficiale.
Oppure, più correttamente, si sarebbe gettato sotto un treno.
No: era la fine. La diuturna, l’estenuante, la mortificante intimità con se stesso che sua moglie gli infliggeva lo persuase che non si sopportava. La vena gli si inaridì. Tutti quei libri, quel fottio di personaggi sollevati come un muro fra sé e la propria faccia… Tutto inutile.
Non fa meraviglia che, la notte del 28 ottobre 1910, il conte Tolstòj uscisse definitivamente di cotenna e, braghe alla mano, si slanciasse in un galoppo belluino lungo le campagne, e poi in carrozza, su! più su! per le nevose salpingi della Santa Madre Russia fino all’ultima stazione di Astàpovo – il suo utero atro -, dove tirò le cuoia (sì, fu un finale circolare).
L’infelice Sof’ja Andrèevna sopravvisse al marito ancora nove anni.
Quando morì, era tutta la buonanima.
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Questo post è gemellato con letturalenta Luca Tassinari, qui, (trafiletto a destra).
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in effetti, Sof’ja Bers fu la vera ispiratrice dell’Anna Karenina, controverso personaggio cui l’Autore assegnerà, tra perle e trine, il marchio del “diverso” e che ebbe poi ad ispirargli la celeberrima frase, dedicata alla consorte: “anna karenina c’est moi et, tout fois, toi aussi!”
(qui, una rivelatoria ma ormai introvabile rappresentazione di Anna mentre, davanti allo specchio, s’immerge nel duplice transfert Sof’ja/Lev)
[SENZAQUALITA ]