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appassionato di montagna

ululato da Pralina alle ore 21:46 giovedì, 27 luglio 2006

Vabbè… vado a prendere dal freezer della mia raccolta di racconti “Un sogno da mora” (mai pubblicata) questo gustoso ricordo del mio ex marito che ha fatto sbellicare pure lui… andiamo in montagna, vah! 

L’uomo che sposai a 18 anni era, diciamo, un poco (ma solo un pochino) appassionato di montagna.
La mia vita è stata sommersa da valanghe di materiale cartaceo su vita, morti e miracoli della montagna… riviste montanare e giornali d’alta quota, bollettini dal nome minaccioso “Rompistinchi”, che facevano del male solo a vederli… diapositive e video di pareti rocciose… magliette ed altri gadgets con le stelle alpine… zaini sudaticci e scarponi chiodati numero 46 sparsi per tutta casa.
L’unico uomo capace di farmi lo sgambetto a distanza!
Andavo in bagno e c’erano le sue tute, le sue lampadine a pila, sì perché faceva anche speleo, ed io me ne restavo sulla tazza del cesso con il suo casco arancione in mano a pensare il da farsi per arginare la sua passione incontenibile; c’erano i suoi cerotti anticalli e antivescica; e queste riviste patinate, tutte uguali, sul mobiletto.
Una volta ero così furiosa che gli strappai una pagina, poi pentita del gesto volevo riattaccargliela, ma le riviste erano tutte uguali! Oh, non ci fu verso di ritrovarla.
C’è un dato scientifico che ho imparato a mie spese in quegli anni: le riviste patinate sono fredde al tatto.
Andavo a letto e sotto il cuscino c’erano regolarmente due Informatrekking, tiravo su le coperte e cadevano tre Alp e due inserti sulla vita amorosa degli stambecchi, mentre un album sulle Apuane si chiudeva sui miei piedi con effetto “lapide di marmo di Carrara”. Improvvisamente si suicidava (con imprecazioni bilingui) anche la biografia completa di Messner che era rimasta aggrappata all’angolo inferiore del letto.
Una sera scivolando al buio sotto le coperte, per poco non feci un urlo: c’era una cosa fredda sotto le cosce… era un libro di fotografie di baldi scalatori e di prodi ciclisti.
“Quell’Himalaya di tu’ maaa!”, ma lui ridacchiava sotto i baffi incrostati di ghiaccio e mi diceva “Hai ragione tesoro!”. “Seee… il tesoro della Sierra Nevada!”
Quel fetente del nostro postino, che era appassionato anche lui di montagna, consegnava la corrispondenza prima a lui, poi dopo un’ora ripassava e mi diceva “Dimenticavo… c’era anche una cartolina per te, forse è stata mandata dal mare, ma non ricordo dove l’ho messa, scusa”.
Ma poi, oltre le escursioni e compagnia bella, proiezioni degli audiovisivi sugli Sherpa tibetani incluse (purtroppo mi addormentavo sempre al quarto caricatore di diapo), cercava di coinvolgermi negli allenamenti per lo sci di fondo con annessi e sconnessi, nel senso che dovevo guardarlo slittare in estate su quello che chiamavo “uno zerbino di qualche kilometro” e poi aggiungevo “che gusto ci trovi, è come pulirsi i piedi su uno zerbino moltiplicato duecentomila”.
Pazientemente, che per me significa occhietti lividi, un filo di bava verde all’angolo della bocca e orecchie fumanti, lo osservavo nei suoi preparativi: sciolina, pulizia degli scarponi, prova della piccozza (un due tre)… poi finalmente la gara in Svizzera “Tesoro, ti annoierai da sola per tre giorni'” “Ma proprio per niente, tu portami la cioccolata o sono cazzi amari”
Ricordo i risvegli all’alba della domenica con gran rumore di corde e di ferramenta (moschettoni, gavette, ecc.) e i suoi baci del “buongiorno”, coi baffi che mi si infilavano su per il naso.
“Ciao amore, forse ci vediamo questa sera, forse te lo dico per battuta ma anche per prepararti all’evento… se finisco in un crepaccio tu sai già tutto il sentiero, te l’ho segnato sopra un foglio che ho messo sulla tovaglia, non ti resta che chiamare il Soccorso Alpino“. Vedendomi in stato catatonico mi ripeteva “Chiamerai il Soccorso Alpino vero?” ed io “Forse!”.
Non riuscivo più a prender sonno.
Mi faceva sempre questi discorsi. Quella cima di sua madre mi telefonava il pomeriggio verso le cinque, al solito dopo aver finito tre ceri e una scatola di tavor, per dirmi di stare tranquilla.
Io preferisco il mare, soprattutto se implica la massima attività di starsene spaparanzata all’ombra. Anche al mare riusciva ad attirare l’attenzione su di noi, quando s’arrivava in spiaggia e aveva addosso la maglietta del Gruppo Trekking con la stella alpina disegnata sopra, e si metteva a consultare la mappa dei Monti Sibillini o a leggere “Alpinismo estremo” sotto l’ombrellone.
“Ti prego, ci stanno guardando” “E che faccio di male?” “Che ne diresti se venissi alle vostre riunioni di sbevazzoni con le pinne da sub?”
Ho provato alcune volte a seguirlo, con enorme fatica. L’unico monte che ho amato e che amo, è il monte di cazzate.
Ricordo il sentiero fino alla vetta del Falterona, con un’ape che mi ronzava intorno perché attirata dal profumo di violetta indiana di cui avevo abusato. L’ape fece talmente tanti giri intorno alla mia testa, che mi disegnò una bellissima aureola gialla e nera.
Mi fermavo ogni cinque minuti, poi sono anche asmatica cronica, pigra tossica, e ho i cosiddetti “piedi dolci”, insomma una vera palla, ma lui imperterrito mi spinse fino alla vetta. Così come per la Pietra di Bismantova e altri bellissimi e impervi luoghi. Che cosa non si fa per amore.
“Non sai come sono contento di averti qui con me” mi diceva, dopo il mio quarto rosario di bestemmie. “Ma non c’è nemmeno una discesina in questo cazzo di posto?” “Ah ah! come mi fai ridere tu!” “Grrrrr…”.
La montagna è stata per anni il mio vero incubo (sto scherzando, dai) oltretutto quando gli chiedevo una fotografia, mi faceva mettere in posa e poi, escludendo la mia figura, la scattava al paesaggio.
Alle vette, naturalmente.
 
(*nella foto sotto, i miei monti preferiti… i Monty Python)


al governo monti preferiamo i monty python

Non me ne intendo di finanza e economia, non sono nemmeno una politica, sono soltanto una madre di un ragazzo precario che cerca di far quadrare il bilancio familiare e non ci riesce mai, pur privandosi di un miliardo di cose.
I sacrifici dei quali si riempiono la bocca i prelati ben pasciuti, vezzosi, ingioiellati, evasori fiscali, non di rado pedofili, noi della famiglia li conosciamo bene e non da ora. 
Mi chiedo se questo governo definito “neutro” e “tecnico” (così come il macellaio sotto casa può ben dirsi vegano) non vuole in realtà capire quali saranno le conseguenze per il nostro Paese della manovra promulgata. O forse lo sanno, ma non gliene importa un’agognata cippa.
Mi chiedo quale “salvataggio” ci sarà, forse solo quello per le banche private e per le speculazioni e i giochi della borsa di un manipolo di criminali legalizzati. Questa manovra è fortemente depressiva per i certi medi e poveri, mentre scalfisce poco o pochissimo quelli ricchi.
 
 
L’ingiustizia di questa manovra è sotto gli occhi di tutti, non vengono toccate in maniera sostanziosa le CASTE DEI PRIVILEGIATI e i grossi appalti per le costruzioni edilizie, i politici, i baroni delle grosse cliniche private, il clero e l’esercito e altre categorie di super ricchi.
Le conseguenze per il nostro Paese saranno terrificanti, l’aumento del carburante e delle tasse significherà un lievitare dei prezzi degli affitti, dei servizi, dei trasporti, del riscaldamento, di tutti i beni di consumo e degli alimenti.
Penalizzerà ancor di più lo studio, la cultura, la ricerca, le nuove tecnologie, la sperimentazione di nuove metodologie per l’agricoltura, l’industria, la medicina, le nuove fonti energetiche.
Indurrà la gente, se avesse ancora una mezza idea, a non metter su famiglia, a non fare figli, a vivere l’amore da eterni fidanzati. E che dire degli animali domestici, questa manovra comporterà anche un aumento del randagismo dei cani per abbandono. Perché anche loro ci costeranno di più.
I giovani disoccupati e precari che sono costretti a campare sulle pensioni dei nonni, si vedranno togliere un grosso aiuto, l’unico in un paese di merda come questo che non ha mai fatto nulla per il welfare e che pensa di risolvere i problemi inducendo i vecchi a lavorare fino a ottant’anni.
Non è difficile prevedere e non è catastrofico immaginare questo scenario che non è ancora completo.
Gli enti pubblici e i comuni si troveranno senza fondi per l’assistenza domiciliare quindi lasceranno morire da sole tante persone, senza fondi per la cura e il mantenimento del territorio, aumenteranno i rischi idro-geologici, i morti per alluvioni e frane. Continuerà l’abusivismo edilizio e le strade diventeranno sempre meno sicure per la circolazione delle auto.
Il turismo dovrà rincarare i prezzi e altri paesi diventeranno più concorrenziali di noi.
Aumenteranno i suicidi o le morti per stenti degli anziani, delle persone invalide, e anche di chi viene tagliato fuori dal processo produttivo in giovane età e di altre categorie deboli. Molti cittadini verranno sfrattati per morosità, altri negozi e ditte ed esercizi chiuderanno e altre attività verranno trasferite all’estero.
Ci hanno detto che faranno sgravi fiscali alle aziende che assumono giovani e donne, ma non si pensa ai cinquantenni che sono ancora disoccupati e che non avranno uno straccio di pensione. Tutte queste persone rischiano la vita. Donne e giovani? Pura demagogia del potere.
Aumenterà la piccola criminalità, gli omicidi per piccoli furti e rapine, e i negozi e i supermercati aumenteranno la vigilanza, quindi le carceri che già scoppiano verranno definitivamente stipate da questi ladruncoli.
La manovra dice di voler combattere l’evasione e invece indurrà la gente a evadere maggiormente il fisco, a suo rischio e pericolo, pur di ricavare qualche misera entrata. Indurrà la gente a fare un secondo e terzo lavoro, a nero. O a evitare cure mediche, controlli di prevenzione che potrebbero salvare la vita.
Ci saranno più morti sul lavoro, per mancanza di sicurezza, messa a norma, perché tutto costa di più e il padrone vuole risparmiare, e anche perché i lavoratori dopo troppe ore sono stanchi e l’incidente ci può sempre scappare. 
Questa manovra porterà comunque una fuga di capitali (e di cervelli e di idee fresche) all’estero.
“Lacrime e sangue” l’hanno chiamate, e non è difficile capire di queli lacrime e di quale sangue parlino, visto che non è sicuramente il loro.
Il nostro è un Paese ormai finito, e questa manovra ne ha stabilito la fine. Dopo decenni di ruberie e di corruzione, di grande evasione fiscale portata avanti a tutta forza, di mafie, di clientelarismi, di nepotismi, di baronati, di democrazia cristiana, di berlusconismo, di appalti miliardari, di puttanopoli, di infrastrutture mai terminate, di sprechi, di progetti assurdi ma ben finanziati, di magna magna dei partiti, dei sindacati, degli enti, ecc. siamo arrivati alla fine, non ci rimane che lasciare l’Italia o stare qui a combattere una (speriamo non troppo sanguinosa) guerra civile.
Chi ha il coraggio senza armi crei presto alleanze, solidarietà con gli sfruttati, metta in comune beni, merci e conoscenze, boicotti le nocività, le multinazionali, faccia scioperi importanti prolungati e non solo dimostrativi, elabori progetti di economia alternativa, pratichi ovunque ed estesamente la gratuità e la condivisione, perché la nostra rovina e la loro fortuna è che restiamo ancora isolati, in casa, con i social network che ci isolano ancora di più dandoci l’illusione di poter muovere il mondo, ma senza l’abbraccio e lo scambio con le persone indispensabile ad appoggiare le proprie idee di cambiamento radicale.
 
 

soddisfatti o rimborsati – 2

ululato da Pralina alle ore 22:01 giovedì, 06 marzo 2008 

(Riassunto della puntata precedente: Ardesia Fallacara, una giovane impiegata che ha a cuore la sua alimentazione, che ha già aderito alla lotta contro il colesterolo pro soia OGM, che dolcifica il suo caffè con un dolcificante cancerogeno perché quando si è in lotta contro i chili di troppo ogni mezzo è quello buono, che crede nei valori delle fibre, che fa sempre colazione coi biscotti ai cinque cereali: grano, orzo, avena, biada, crusca, per essere sempre scattante come un cavallo alla partenza del Palio di Siena… insomma, Ardesia Fallacara, si reca al supermarket EsseEsseNibelunga per essere rimborsata del mancato espletamento dei suoi bisogni da parte di una ditta che produce yogurth lassativi, non faccio nomi, Activia, il cui slogan è appunto “Soddisfatti o rimborsati”… ne segue una vivace discussione non priva di momenti di feroce sarcasmo fra la cassiera e un gruppo di clienti stitici che vogliono farsi rimborsare la mancata popò)

Seconda ed ultima parte. La cassiera dice: “Calma… uno alla volta, mi consegnate i barattolini vuoti, mi dite da quanto tempo non andate più di corpo e poi, dovete firmarmi un modulo, QUI, dove vi prendete tutta la responsabilità di quanto affermate… se, per caso, da qualche accertamento della ASL, da qualche infamata dei vostri medici curanti, salta fuori (e qui il tono si fa minaccioso) che qualcuno soffre di coliti e di diarrea e non, come avete sbandierato, di… stitichezza… vi fanno un culo così!”

Brusio, colpi di tosse, qualche risata nervosa.

Nel frattempo, alla cassa accanto si ode una voce:

“Ma non è giusto! Io ho comprato un’altra marca di yogurth e non ho fatto a tempo ad andare al gabinetto, che mi sono sporcata tutti i pantaloni!”

E’ una signora molto distinta, di mezza età ma molto giovanile. L’amica accanto le da ragione: “E’ vero, c’ero anch’io, lo posso confermare! Allora dovrebbe chiedere il rimborso perché le ha causato la diarrea! Mio dio, che vergogna!”

Insomma, si scatena una diatriba pazzesca, perché ognuna delle due file o per meglio dire delle due fazioni, odierni Guelfi e Ghibellini, vuole avere ragione.

Nella fila della cassa numero 9, sono in attesa per avere il rimborso della marca Activia per non essere riusciti ad andare di corpo… nella fila della cassa numero 10, si lamentano di varie marche, e qualcuno anche della Marcuzzi, perché affermano che gli yogurth industriali hanno tutti lo stesso sapore di merda e fanno cagare un po’ tutti, ma fanno cagare tutti e subito, addirittura sulle barricate. Anzi, prima di averle raggiunte.

Qualcuno propone di eleggere un rappresentante. Si propone di indire un referendum. Un altro dice che farà lo sciopero della sete, per dimostrare che persino così si può andare di corpo lo stesso con qualunque yogurth.

Iniziano ad alzare un po’ troppo la voce, la cassiera della cassa 10, una giovane castana molto graziosa con la coda di cavallo, prende il microfono e urla: “Adesso basta! Potete continuare la discussione al Commissariato se non la smettete… soltanto Activia rimborsa, e soltanto per STITICHEZZA, voi no!”

La fila alla cassa 9 applaude, volano insulti e fischi… “Cagasotto!” dice un maresciallo in pensione, rivolgendosi alla fila della cassa 10.

“Scoppiate tutti, BUM! vedrete che bell’esplosione! L’alternativa agli stitici è la rivoluzione!” risponde un ragazzo molto hip-hop, capello rasato, vistosi piercing alle orecchie, felpa + cappuccio e pantaloni calati fino all’inverosimile, con due casse di birra nel carrello, rivolgendosi alla fila avversaria.

“Calma!” grida la cassiera della cassa 9 “Adesso chiamo la direttrice del supermercato, la signora Petarda… Senti Biagia, vai a chiamare la signora Petarda così si calmano”.

Arriva la direttrice, Santa Petarda, una giovane manager, una brunetta niente male, esile e con un lungo collo da cigno, vestita con un tailleur grigio ardesia e stivali da cavallerizza che riesce a ristabilire un po’ di ordine in quell’entropica fauna umana.

“Allora, cari signori e gentili clienti di questo supermercato, noi possiamo rimborsare solo chi ha acquistato yogurth Activia nella misura di 50 centesimi al barattolino (vuoto), il regolamento dell’Activia prevede che per essere rimborsati non si può andare di corpo per 15 giorni… voi siete tutti in regola? Lei, signora Ardesia Fallacara, parlava di tre giorni senza gabinetto…”

“Ma che discorsi sono? Nemmeno ad Auschwitz si stava 15 giorni senza gabinetto…”

“Silenzio prego! Io sono Santa Petarda, sono la direttrice dell’EsseEsseNibelunga e vi sto dedicando il mio tempo. Vogliamo collaborare? Allora dovete dimostrare che non cagate da 15 giorni!”

“E vabbè… eeeeeeeeeeeeeh… buuuuuuuuuuu” (Brusio di disapprovazione, teste che fanno “no”, scandaloso, peccato, un’occasione d’oro buttata così, noi non abbiamo il coraggio di reclamare oltre, sai come siamo fatti noi italiani, armiamoci e partite, però, 50 centesimi persi)

La fila resta in silenzio. Ed ecco che all’improvviso qualcuno presenta lo stesso la domanda di rimborso, ma sì, è proprio quel mister di 360 chili che nel film dei Monty Python “Il senso della vita” (la scena del ristorante) a un certo punto, scoppia.

Avanza a fatica, ansimando, facendosi largo con la pancia ridondante, con lo sguardo ebete, e raggiunge la cassa, dove deposita 2.543 barattolini vuoti che teneva dentro un grosso sacco di nylon, sotto gli occhi esterrefatti della cassiera.

La cassiera gli chiede con un tono tra lo scherno e l’incredulità “E lei, dopo avere mangiato tutto questo yogurth… veramente… non cagava da 15 giorni?”

“Fatti i cazzi tuoi!” gli risponde. Risatine di sottofondo. “Io non cago da 15 giorni… embè?”

“Ma come? Non ha ancora risolto il suo problema?” gli fa la cassiera, strizzandogli l’occhio.

“Che cazzo te ne frega a te, io voglio i miei 50 centesimi moltiplicati per ogni barattolino! Vuoi le mie coordinate bancarie o me li dai in contanti?”

“Sempre avanti gli stranieri eh… ah sì… così si fa! Prendi Zapatero ad esempio! E’ il sosia di Mister Bean eppure vedi come ha portato avanti la politica del suo paese… un mito!” dice Ardesia Fallacara, tutta soddisfatta per lo smacco ripagato, e lo dice proprio alla signora che era dietro di lei, quella con il cagnolino stitico.

“Ma se io volessi chiederle come ha fatto a tenersi tutto questo yogurth dentro per tutti questi giorni, lei cosa mi risponde?” infierisce la cassiera.

“Adesso mi hai proprio seccato… vuoi vedere… che cazzo vuoi vedere… io faccio… COSI’!”

E in quel momento esplode, inondando di ogni cosa che si possa immaginare e che non racconterò, l’intero supermercato.